Il risveglio lo anticipano gli uccellini. Come stai, si parte, ma sì. Il ginocchio forse è più tranquillo. In ogni caso, decidiamo di provare. Anche il cielo è più tranquillo. Un sole primaverile si allunga sulla piazza semideserta del mattino di Pasqua.
Un due, un due. Usciamo da Pietrasanta soli soli. Alla prima pieve in campagna invece è un tripudio di gente, tutti con un cestino di uova, per lo più riccamente decorato. Ci fermiamo alla Messa che è accompagnata da un coro stonato di volenterosi (diversamente giovani, li dirà il sacerdote). Poi uscendo, sentiamo i fedeli che si lamentano della mancata benedizione tradizionale. "Ma forse varrà lo stesso", conclude una vecchina.
Fino a Camaiore quasi nessuna salita. Rarissime le persone. Giusto un gruppo di famiglie che si scatena nel tifo ai figli bambini in una partita di calcio. A Camaiore il sole è più intenso, chiudiamo gli occhi, seduti su una panchina, proprio davanti ad un pezzo di antico sentiero.
Il barista a cui chiediamo del ghiaccio per il ginocchio è estremamente sensibile. L'impacco dura a lungo, anche dopo, sotto la fascia, passo dopo passo.
L'ascesa a Montemagno non è agevolissima, ma si fa. Poi è tutto agevole, liscio, solo l'asfalto un po' infastidisce, e le macchine che sfrecciano di ritorno dal pranzo di Pasqua. Noi? Pane e formaggio e due pezzi di torta salata con le zucchine.
I milanesi hanno scritto che verranno a Valpromaro per cena. Ma non dovevano tornare ad Aulla dopo Massa? Chissà.
Valpromaro è una strada soltanto. Cinguettii, lo scorrere lento di un ruscello. Nessuno a cui chiedere. Ma l'ostello è lì, con l'unica figura umana rannicchiata sugli scalini, una ragazzina vestita di nero che controlla con foga i suoi contatti facebook.
L'accoglienza delle ospitaliere è speciale. Giovanna e Cristina sono due donne diverse, per età, origine, storia, eppure rappresentano entrambe il cammino. L'ostello è lì per coccolare i pellegrini, voluto fortemente dagli abitanti del borgo, e poi affidato per buona parte dell'anno ai volontari di un'associazione, che si avvicendano, settimana dopo settimana, nel sostenere, dare da bere, nutrire.
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Il luogo è gradevolissimo, ma lo sono di più le persone. Anche i milanesi. Che davvero ci raggiungono per cena, recuperati in macchina dal marito di Paola, una di loro.
Il confronto è l'esperienza più bella. Un confronto spontaneo, pulito, privo degli schemi che in genere la quotidianità impone. Finiamo a ballare, sì, pure con i piedi doloranti. La cena di Pasqua è una delle migliori di sempre.
Un due, un due. Usciamo da Pietrasanta soli soli. Alla prima pieve in campagna invece è un tripudio di gente, tutti con un cestino di uova, per lo più riccamente decorato. Ci fermiamo alla Messa che è accompagnata da un coro stonato di volenterosi (diversamente giovani, li dirà il sacerdote). Poi uscendo, sentiamo i fedeli che si lamentano della mancata benedizione tradizionale. "Ma forse varrà lo stesso", conclude una vecchina.
Fino a Camaiore quasi nessuna salita. Rarissime le persone. Giusto un gruppo di famiglie che si scatena nel tifo ai figli bambini in una partita di calcio. A Camaiore il sole è più intenso, chiudiamo gli occhi, seduti su una panchina, proprio davanti ad un pezzo di antico sentiero.
Il barista a cui chiediamo del ghiaccio per il ginocchio è estremamente sensibile. L'impacco dura a lungo, anche dopo, sotto la fascia, passo dopo passo.
L'ascesa a Montemagno non è agevolissima, ma si fa. Poi è tutto agevole, liscio, solo l'asfalto un po' infastidisce, e le macchine che sfrecciano di ritorno dal pranzo di Pasqua. Noi? Pane e formaggio e due pezzi di torta salata con le zucchine.
I milanesi hanno scritto che verranno a Valpromaro per cena. Ma non dovevano tornare ad Aulla dopo Massa? Chissà.
Valpromaro è una strada soltanto. Cinguettii, lo scorrere lento di un ruscello. Nessuno a cui chiedere. Ma l'ostello è lì, con l'unica figura umana rannicchiata sugli scalini, una ragazzina vestita di nero che controlla con foga i suoi contatti facebook.
L'accoglienza delle ospitaliere è speciale. Giovanna e Cristina sono due donne diverse, per età, origine, storia, eppure rappresentano entrambe il cammino. L'ostello è lì per coccolare i pellegrini, voluto fortemente dagli abitanti del borgo, e poi affidato per buona parte dell'anno ai volontari di un'associazione, che si avvicendano, settimana dopo settimana, nel sostenere, dare da bere, nutrire.
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Il luogo è gradevolissimo, ma lo sono di più le persone. Anche i milanesi. Che davvero ci raggiungono per cena, recuperati in macchina dal marito di Paola, una di loro.
Il confronto è l'esperienza più bella. Un confronto spontaneo, pulito, privo degli schemi che in genere la quotidianità impone. Finiamo a ballare, sì, pure con i piedi doloranti. La cena di Pasqua è una delle migliori di sempre.
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